Il lavoro degli educatori è centrale nell’attività di accoglienza dei minori stranieri. La coordinatrice Gennj Scluba spiega l’approccio di lavoro di Aedis: “Il messaggio che diamo è che qui possono costruire qualcosa di importante per loro, ma devono rispettare le regole perché ci sono dei passi concreti da compiere”.
“La progettualità educativa è requisito, valore e obiettivo comune di tutte le nostre scelte e trova il suo pieno sviluppo nei servizi rivolti a minori e giovani. Guida il nostro metodo di lavoro per garantire accoglienza e supporto di qualità che vada a tutela e rispetto sia dei singoli ragazzi che del territorio di riferimento in un rapporto di reciproco scambio e arricchimento”: è questa la visione del lavoro di Aedis che mette al centro proprio la progettualità educativa. Ovvero la capacità di dare nuova stabilità e consapevolezza a chi nella vita si è ritrovato a dover ripartire da capo e ricostruire il proprio mondo.
Il nucleo operativo di questo impegno è nell’equipe educativa che ha come primo compito quello di trasmettere fiducia e far sentire al sicuro i ragazzi. “Il modo in cui facciamo sentire la nostra presenza è importante – spiega Gennj Scluba, coordinatrice degli educatori Aedis – devono capire che questo è il loro posto sicuro, il luogo in cui si possono affrontare i problemi e possono trovare risposte positive e accompagnamento verso un’integrazione possibile e rispettosa, di sé e del territorio ospitante”.
Cosa insegnate ai ragazzi quando arrivano?
Il lavoro principale dell’educatore sta nel sensibilizzarli su quello che è importante, ovvero sul loro percorso e su come portarlo avanti in modo costruttivo e sicuro. Il gruppo in cui viene inserito un nuovo ragazzo è fondamentale: se chi arriva ha una visione distorta o tenta di prevaricare, ci può provare all’inizio, ma se il gruppo ha introiettato le regole e ognuno sa cosa è importante per se e per il proprio futuro, non gli darà corda e sarà naturalmente messo in disparte. Il messaggio che diamo è che qui possono costruire qualcosa di importante per loro, ma devono rispettare le regole perché ci sono dei passi concreti da compiere: ricevere un parere dal ministero, devi rinnovare il permesso di soggiorno, cercare lavoro, ecc. Si fa leva sugli aspetti concreti della propria vita che per loro sono importantissimi. Glielo diciamo chiaramente: per una sciocchezza o per seguire uno più stupidino di te, rischi di buttare all’aria tutto il lavoro che hai fatto.
Che tipo di problematiche portano questi ragazzi?
Possiamo dire che sono adolescenti che sono diventati grandi molto in fretta. Hanno tra i 14 e i 17 anni, il loro unico pensiero è quello di imparare la lingua e andare a lavorare per vivere e mandare i soldi a casa. Ti raccontano di essere partiti da casa anche a 9 anni, magari di aver passato mesi o anni in Libia, a volte in carcere, poi ti dicono frasi come “La mamma non l’ho più sentita” e capisci che sono ancora ragazzi con tutti i bisogni della loro età. Noi dobbiamo chiedergli uno sforzo importante ed è normale che il loro non sia un percorso sempre lineare. Per questo serve un mix di serietà e leggerezza affinché possano ritrovare la fiducia in una nuova vita possibile in cui stare bene e costruirsi un futuro che può dare vantaggio veramente di tutti.
Qual è l’approccio educativo?
Fargli capire che siamo qui per lavorare con loro e per loro. C’è chi dice che in realtà non gli interessa nulla di quello che facciamo e proponiamo, ma io non credo sia così. È vero che spesso inizialmente mostrano disinteresse, in realtà ci stanno studiando e osservano chi lavora per loro e si interessa in modo costruttivo e senza trattarli da vittime. Noi ci rendiamo conto che la maggior parte di loro ha una storia delicata, che loro sono lontano da casa e dalla famiglia, ma questo non deve intaccare il nostro lavoro di educatori e il loro percorso di futuri cittadini.
In cosa si differenzia il lavoro dell’educatore con i minori stranieri da altri settori?
Di base c’è sempre un imprinting sociale che accomuna tutti e senza il quale non andremmo avanti, l’educatore è un lavoro che bisogna sentirsi di fare nell’anima. Il lavoro con i minori stranieri si differenzia perché ci affida un compito molto grande, ovvero quello di formare delle persone che entreranno a far parte della nostra società. Questo è possibile solo se siamo capaci di insegnargli una nuova cultura senza fargli perdere la loro identità. Ed è un lavoro importante perché ha dei risvolti sociali molto concreti: come educatore non puoi infischiartene e poi lamentarti se domani ti ritrovi lo stesso ragazzo che commette un reato… devi pensare che forse anche tu non hai fatto bene il tuo lavoro.


