«Rischiamo di perdere un capitale umano: cerchiamo di fare rete con il territorio per preparare i ragazzi a cercare lavoro nelle condizioni di essere assunti»: L’approccio di Aedis volto a favorire l’incontro tra ragazzi e aziende. Sono 100mila i richiedenti asilo in Italia che potrebbero lavorare già dopo 2 mesi.
«Rischiamo di perdere un capitale umano che invece può essere una vera risorsa per il nostro territorio che non trova più manodopera. Come Aedis cerchiamo di fare rete con il territorio per preparare questi ragazzi a cercare lavoro e di essere nelle condizioni di essere assunti». È questa l’idea di base con cui Aedis imposta l’attività di accoglienza delle Case che ospitano minori stranieri non accompagnati.
Ed è anche il primo pensiero quando dai corsi professionali e dalle scuole arrivano feedback importanti come la partecipazione a concorsi o a progetti di lavoro. «Mancano lavoratori, lo dicono i dati: – proseguono dalla cooperativa – secondo le imprese serviranno 3 milioni 800mila lavoratori in 5 anni, di questi almeno 640 mila stranieri, ma il Decreto Flussi ne prevede 165mila per il 2025».
L’approccio di Aedis è di fornire tutti gli strumenti per prepararsi a cercare lavoro e a essere assunti
Quello di Aedis è di un approccio molto realista e che guarda con attenzione sia i bisogni dei ragazzi che arrivano in Italia, sia le esigenze pratiche del territorio. «Sono ragazzi – spiegano dalla cooperativa – che hanno fatto un viaggio molto lungo, anche di anni, e sono arrivati qui attraversando situazioni spesso terribili al limite della sopravvivenza con l’unico scopo di venire a lavorare e mandare dei soldi a casa. Hanno una motivazione altissima e sono disponibili ad adattarsi a vari tipi di lavoro. Non conoscono lingua e cultura e non hanno alcuna preparazione specialistica di tipo professionale, però, sono pronti a imparare».
Aedis, come tutte le altre cooperative del settore, si occupano della formazione prima di tutto linguistica e culturale anche se i posti a disposizione dei corsi di italiano sono pochi. «Facciamo fatica a inserire i ragazzi nei corsi – spiegano ancora – soprattutto per chi non conosce nulla o è analfabeta. Per questo ci stiamo organizzando internamente con una Piccola Scuola di Italiano per portare tutti i ragazzi a un livello minimo di conoscenza della lingua. A loro insegniamo anche cultura, norme di convivenza e leggi del nostro territorio. Diamo loro ciò che gli serve per trovarsi un lavoro quando compiono 18 anni».
Con lo stesso scopo sono stati attivati diversi laboratori in collaborazione con Unicef e il progetto U Report On The Move in cui è stato insegnato ai ragazzi a riconoscere le proprie competenze, creare un curriculum per la ricerca di lavoro, affrontare un colloquio, richiedere documenti e seguire le procedure.
Il paradosso: quasi 100mila richiedenti asilo disponibili a lavorare senza la possibilità di farlo
In Italia la presenza straniera ha un’incidenza del 8,7% rispetto alla popolazione totale, in Friuli è di poco superiore, del 9,6% (dati 2021) che si traduce in 116.340 persone su 1.194.248 (censimento 2022). A questi si devono aggiungere i numeri della presenza di migranti adulti e minori non accompagnati che sono ospitati nei centri di accoglienza o nelle comunità dedicate.
A oggi, in Italia ci sono 98.353 richiedenti asilo (dati Viminale, report agosto 2024) che, dopo due mesi dalla richiesta di asilo, hanno la possibilità di iniziare a lavorare. Per trovarsi nella condizione di essere assunti, però, la maggior parte, che si tratti di adulti o minorenni in età di lavoro, ha bisogno di formazione, sia linguistica che professionale. Per ottenerla, d’altro canto, per legge è necessario essere già in possesso del diritto di asilo, status che si può ottenere solo dopo un iter burocratico almeno due anni. «È un cane che si morde la coda. Per questo le attività di preparazione al lavoro – continuano da Aedis – è così fondamentale».
Lo scenario: a fronte di popolazione in calo e bisogno di immigrati, le aziende si muovono da sole
A confermare questa tesi ci sono dati a livello nazionale, ma anche l’azione autonoma di singole aziende che si sono mosse per risolvere la propria crisi di personale. È il caso di Fincantieri in Friuli che ha avviato corsi di italiano e del gruppo San Marco a San Donà di Piave in Veneto con un progetto di inserimento in azienda. Oppure, in maniera ancora più evidente, di Idealservice, società cooperativa con sede a Pasian di Prato che ha avviato in collaborazione con Legacoop Fvg un progetto di inclusione sociale e lavorativa dedicato ai migranti ospiti del centro di accoglienza ex caserma Cavarzerani di Udine.
«Gli scenari Istat – spiega Francesco Billari, rettore dell’Università Bocconi di Milano, a Il Sole24ore nell’articolo Ripensare all’immigrazione come risorsa in un’era di glaciazione demografica – parlano di un calo di popolazione di circa un milione in 10 anni, quindi dobbiamo aggiungere a questi scenari 100-110mila immigrati al netto delle emigrazioni. Un numero adeguato quindi per il prossimo decennio sarebbe di 450mila ingressi all’anno, se ipotizziamo che continuino a lasciare il nostro territorio 150 mila persone all’anno».