La sentenza del TAR annulla il provvedimento del Comune di Udine che revocava l’autorizzazione ad AEDIS dopo le risse nella struttura di accoglienza di viale XXIII Marzo. Il presidente Lisco: «Avevamo chiesto aiuto da tempo e nessuno ci ha ascoltato, abbiamo dovuto pagare la vigilanza privata, ma noi non siamo sceriffi».  

Pasian di Prato, 7 dicembre 2023 – «Una sentenza che mette fine alla gogna verso Aedis e mostra come il problema delle risse tra minori migranti non sia stato risolto, anzi si sia sparso per la città»: sono le parole di Michele Lisco, presidente della cooperativa sociale Aedis di Udine impegnata nella gestione di minori stranieri, che chiudono una vicenda iniziata a febbraio e degenerata in un contenzioso con il Comune di Udine in merito al centro di prima accoglienza di viale XXIII Marzo.

A scatenare le accuse di affollamento e di pericolosità da parte anche dei residenti della zona erano stati degli episodi di scontri e risse in cui erano coinvolti alcuni dei ragazzi ospitati. A fine agosto, infatti, il Comune aveva deciso per la revoca dell’autorizzazione, arrivata, però, dopo che la coop aveva già chiuso anticipatamente il contratto d’appalto proprio a causa dell’impossibilità di continuare a gestire in sicurezza la situazione.

«Nonostante avessimo segnalato formalmente anche a Prefettura e Polizia una situazione problematica dovuta alla presenza di troppi ragazzi con diversi carichi penali pendenti, – spiega il presidente Lisco – non siamo mai stati ascoltati e nulla è stato fatto per aiutarci a gestire la situazione. A tutela nostra e degli altri ragazzi, e su invito anche del Prefetto, ci siamo attrezzati incaricando la vigilanza privata e spendendo 40mila euro non previsti dal bando. Non spetta a noi questo tipo di attività: il nostro è un compito di accoglienza, ospitalità ed educazione all’integrazione civile, non siamo sceriffi».

Con la sentenza dell’8 novembre, il TAR ha posto fine al contenzioso dando ragione alla posizione di Aedis: «La presidente del Tar – prosegue Lisco – è venuta anche di persona a vedere la situazione. Ha, così, constatato la non veridicità e la non aderenza della denuncia del Comune, il quale lamentava una serie di manchevolezze assolutamente insufficienti per giustificare il ritiro dell’autorizzazione che, ricordo, non ha nulla a che fare con l’appalto che noi avevamo già risolto. Non solo, la sentenza evidenzia anche che ci possano essere stati degli abusi di potere».

Aedis, infatti, aveva consegnato tutta la documentazione richiesta a comprovare la propria posizione. La stessa cosa era già accaduta a febbraio quando sempre il Comune aveva revocato l’autorizzazione salvo poi sospendere il provvedimento prima che il TAR si esprimesse, già quella volta, a favore della cooperativa di accoglienza.

A seguito della chiusura del centro di viale XXIII Marzo, inoltre, il Comune ha comunque dovuto gestire i minori migranti dando appalti diretti, senza bando, ad altre comunità e con un prezzo mercato di libero: 80/85 euro, contro i precedenti 65 euro pro capite al giorno di Aedis.

«Il risultato è che – spiega ancora il presidente di Aedis – noi abbiamo superato tutte le verifiche e ce ne siamo andati da quella struttura, mentre il problema di ordine pubblico da noi già sollevato è rimasto. E questo lo vediamo ogni giorno perché i casi di risse invece di diminuire si sono moltiplicati. È bene che, adesso, si smetta di aggirare il problema chiedendo alle cooperative di risolvere una questione di sicurezza e si inizi ad affrontarlo seriamente».

Il problema delle risse è, infatti, il fattore che ha scatenato tutta questa vicenda e per cui il Comune di Udine si è mosso con l’intento di salvaguardare il condominio della struttura di viale XXIII Marzo dopo alcune lamentele dei residenti.

«Il problema non è stato risolto, anzi si è sparso per la città. Lo dimostrano i molti episodi che si sono verificati, non ultimo quello di piazza Primo Maggio che è stato drammatico. Oggi siamo di fronte a un problema di sicurezza causato da un cambiamento radicale dell’immigrazione: non è più come tre anni fa, oggi sono cambiati i ragazzi, e non si può scaricare sulle cooperative l’onere di risolverlo».

Rispetto agli anni passati, infatti, è mutata la provenienza dei migranti minori ed è aumentata la presenza di persone con precedenti penali: «Prima arrivavano dall’Asia, da Pakistan, Afghanistan e Bangladesh, – conclude Michele Lisco – oggi provengono dal Nordafrica, dalla Tunisia, dall’Egitto e anche dall’Africa sub-sahariana. Hanno modalità di approccio completamente diverse e soprattutto la percentuale di pregiudicati è maggiore».

Se da un lato si chiude una vicenda giudiziaria, dall’altro si apre un nuovo tema di discussione: «Non possono essere gestiti come tutti gli altri ragazzi che, invece, vogliono imparare e integrarsi. Rischiamo di non controllare i primi e di perdere anche quest’ultimi che invece possono essere una vera risorsa di manodopera per il nostro territorio. Oltre al fatto che si mette in pericolo anche il personale delle cooperative. È il momento di evitare sia i pietismi che le semplificazioni e discutere quali strumenti iniziare a mettere in campo».

Francesca Benvenuto

Francesca Benvenuto

Copywriter e redattore di testi e articoli web per la comunicazione di enti, aziende e organizzazioni.

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